RITON AL FUTURO!

 

Negli anni novanta anche in Italia iniziarono a vedersi i primi chopper. All'epoca la stampa specializzata era concentrata sul prodotto di serie e sulle moto da corsa. 

Di custom non si parlava proprio se non in via del tutto estemporanea, legato al progressivo diffondersi del fenomeno Harley-Davidson grazie a Carlo Talamo. 

Se non ricordo male già c'era Biker Life, ma proponeva trasformazioni legate a moto giapponesi ed aveva una cerchia ristretta di lettori. 

Nel 1994 apparve in Italia il primo numero di Freeway Magazine (già presente da qualche tempo nelle edicole francesi), se non ricordo male, per volere proprio di Carlo Talamo.

Iniziarono a vedersi le foto dei primi chopper costruiti in Scandinavia, assolutamente improponibili sulle nostre strade per via delle lunghe forcelle. 

Notizie arrivavano anche dagli USA, ma si dovevano cercare nelle edicole specializzate (che si contavano sulla punta delle dita e solo in alcune grandi città) riviste come Easy Rider che costavano letteralmente un "occhio della testa" (se non ricordo male sulle 12/13 mila Lire a fronte delle ottomila Lire di Freeway) ed erano esclusivamente in inglese.

Nel tempo apparvero anche chopper più umani, come lo Sportster 883 del 1989 di questo servizio, dotato di un telaio rigido Paughco (nome noto già all'epoca in tema di telai), cerchi originali da 16 e 19 pollici ed impianto frenante potenziato (Harley-Davidson apportò i primi interventi sostanziosi sui freni dello Sportster a partire dalla metà degli anni novanta). 

Il motore, come spesso si iniziava a vedere, veniva elaborato montando pistoni da 1200 cc sui cilindri originali alesati, carburatore S&S (i primi Mikuni HSR da 42mm iniziarono a vedersi nei primi anni duemila) e scarichi drag-pipes. Ogni tanto, come in questo caso, venivano elaborate anche le teste. 

Le verniciature erano sobrie. Questa scuola ebbe molto seguito in quegli anni anche in Italia poichè le moto avevano linee semplici e pulite.